Lavoro, per un under 30 su due sarà in proprio: le sei tendenze delle professioni del futuro

Dal Chief Happiness Officer al Remote Work Facilitator, fino all’Auditor di algoritmi. Sono alcune delle figure professionali rappresentative del mondo del lavoro che cambia, di fronte alla sfida delle grandi trasformazioni portate dalle transizioni green e digitale e, più nello specifico, dall’evoluzione dei valori che fondano la relazione tra aziende e persone. Figure professionali in alcuni casi già presenti, proiettate verso una sempre maggiore diffusione nel futuro, in risposta alle sollecitazioni di tendenze sociali indagate in uno studio condotto da Strategy Innovation, società di consulenza nata come spin-off dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, per conto di Edenred Italia, azienda leader del settore degli employee benefit.

Lo studio mette a fuoco sei diverse dinamiche che già oggi stanno interessando l’evoluzione dei rapporti di lavoro, ognuna delle quali prefigura l’affermazione di specifiche professionalità in grado di governarne opportunità e criticità.


Blurring places, lo spazio di lavoro sempre più ibrido – Mobilità e flessibilità sono temi destinati a modificare significativamente il concetto degli ambienti di lavoro, che sulla spinta della transizione ecologica diventeranno “blurring places”: non più spazi dalla funzione predefinita, ma ibridi, adattabili alle azioni che le persone devono svolgervi, secondo una tendenza già riscontrabile nel mercato immobiliare europeo, dove il 58% dei cantieri è dedicato alla costruzione di edifici in cui gli inquilini possano ugualmente vivere e lavorare. Una trasformazione che richiederà alle aziende competenze e figure professionali dedicate, come il Remote Work Facilitator, che realizza progetti di remote working sulla base delle risorse umane, degli spazi e delle capacità tecnologiche disponibili, oppure il Designer di uffici, incaricato di ripensare radicalmente i luoghi dove si lavora e si produce (domestici, aziendali, condivisi o virtuali).

La trasparenza come fattore di fidelizzazione del dipendente – Secondo un sondaggio di Gartner, oggi il 71% dei lavoratori è convinto che i propri datori di lavoro debbano essere più trasparenti. La trasparenza è un tema centrale nelle relazioni tra azienda e persone, che riguarda non solo il rapporto economico, ma anche la dotazione di benefit offerti, le opportunità di carriera e, più in generale, la capacità di comunicare una solida cultura organizzativa, in grado tanto di fidelizzare i dipendenti, quanto di attrarre nuove risorse. Per questo, saranno sempre più necessarie figure chiave come il Welfare Manager, chiamato a occuparsi dell’analisi e della classificazione dei bisogni, di definire il piano strategico degli interventi di welfare aziendale e della misurazione dei risultati, e come l’Head of ESG, responsabile dei fattori di sostenibilità verso gli stakeholder interni e promotore di iniziative per i dipendenti, per coltivare una cultura aziendale sana e sostenibile che riduca al minimo il turnover.

Quantified self, la sicurezza dei dati per il benessere delle persone – L’impatto del digitale ha mutato il modo di rapportarsi con il proprio corpo, divenuto la chiave di accesso ad applicazioni che utilizziamo quotidianamente. Mediante l’utilizzo di dispositivi tecnologici, le aziende accedono a dati fisici dei propri dipendenti, per la gestione dei quali saranno necessarie competenze sempre più sofisticate di Data Protection Officer, ovvero di una figura in grado di garantirne la tutela e la conformità in materia di GDPR, e di professionalità come l’Analista di dati biometrici, che si occupa della sicurezza di informazioni come impronte digitali, scansione della retina o riconoscimento facciale. Allo stesso tempo, i dati rappresentano anche un nuovo strumento di conoscenza di sé (si pensi, in tal senso, alla diffusione degli smartwatch, le cui vendite sono cresciute del 25% negli ultimi tre anni) e consentono il monitoraggio non solo delle performance, ma anche del benessere delle persone: di questo si occupa il Chief Happiness Officer, figura che evolve il ruolo del tradizionale HR Manager e che promuove strategie per coltivare la soddisfazione dei lavoratori.

Human enhancement, da IA e automazione uno stimolo all’umanizzazione del lavoro – Secondo la Federazione Internazionale di Robotica, l’installazione di robot industriali è cresciuta del 31% negli ultimi tre anni. La sempre maggiore diffusione delle macchine, insieme a quella dell’IA generativa, porterà soprattutto nel manifatturiero a una ridefinizione di molte mansioni e processi time consuming, che prevedono sforzi manuali ripetitivi. I robot non sostituiranno le persone, semmai favoriranno lo sviluppo di nuove professioni valorizzanti il lavoro umano in organizzazioni di cui le macchine saranno parte integrante. È il caso dell’Auditor di algoritmi, che avrà il compito di raccomandare i metodi da seguire per perfezionare i modelli algoritmici secondo principi etici e di equità; oppure del Detective dei dati, che dovrà supportare i data scientist nella gestione delle macchine, ricercando i dati più pertinenti per il loro funzionamento; oppure, infine, del Virtual Reality Designer, incaricato di creare interazioni ed esperienze immersive in ambienti virtuali confortevoli per le persone.

Lifelong learning, la formazione parte integrante della giornata lavorativa – Con i cambiamenti tecnologici e sociali, in campo professionale o personale, diventerà indispensabile continuare ad acquisire nuovi metodi, nozioni e competenze per adattarsi al contesto. Per essere competitive, le aziende dovranno essere in grado di garantire lo sviluppo professionale delle persone, cogliendo anche le opportunità offerte dall’Europa, che entro il 2027 stanzierà risorse in materia di lavoro e formazione per oltre 28 miliardi euro. Il compito di strutturare percorsi di formazione aziendale spetterà a figure come il Manager formatore, per una gestione strategica della materia, e dell’eLearning Developer, per la realizzazione di contenuti didattici accessibili e coinvolgenti.

Entrepreneurial spirit, i giovani si vedono imprenditori – La Commissione Europea stima che il 46% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni in area UE prende in considerazione la possibilità di avviare un’attività in proprio. Una scelta che procede da un sempre più diffuso accesso alle informazioni e da una maggiore propensione al rischio imprenditoriale, finalizzato alla ricerca di un futuro di benessere e soddisfazione professionale. In tal senso, si prevede una crescita delle attività di Startupper, ovvero di fondatori di aziende sviluppate in base a criteri di innovazione, velocità e scalabilità, e una sempre maggiore diffusione di Influencer, Streamer e Content Creator, lavoratori autonomi specializzati nella creazione di contenuti online.

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